Trova Online l’Avvocato
che stai cercando

Gratis e Senza Impegno.
Fissa un appuntamento con l'Avvocato

Avvocato consulenza legale: rapporto tra coniugi


Avvocato consulenza legale: rapporto tra coniugi

La vita dei coniugi tra le mura domestiche

Per lungo tempo la famiglia ha mantenuto un’organizzazione autoritaria e gerarchica, all’interno della quale il marito era il “capo famiglia” e la moglie era a lui subordinata, dovendo assumerne il cognome e dovendolo accompagnare ovunque decidesse di fissare la propria residenza.

Seppur a fatica e con lentezza, a seguito di alcune modifiche legislative indotte dall’evoluzione sociale caratterizzata da un’indipendenza via via crescente della donna, nella sua individualità e, poi quale moglie e madre all’interno della famiglia, si è affermato il principio di eguaglianza tra i coniugi. Fondamentale al riguardo è la Riforma del Diritto di famiglia operata con la legge n. 151 del 19 maggio 1975.

Oggi, finalmente all’interno delle mura domestiche entrambi i coniugi vantano gli stessi diritti e assumono gli stessi obblighi, non a caso l’art. 29 della Costituzione afferma che il matrimonio è fondato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con limiti stabiliti dalla legge per garantire l’unità familiare.

Avvocato: Il rapporto coniugale, diritti e doveri

Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano e assumono gli stessi diritti e doveri, quali la fedeltà, l’assistenza, la coabitazione e la collaborazione. L’attuazione di essi è fondamentale per garantire la creazione di un ambiente familiare stabile e sereno.

Ma, per tutelarsi in caso di violazione di tali obblighi è bene comprendere cosa si intende quando si parla di doveri personali e patrimoniali.

Il dovere di fedeltà impone a ciascun coniuge di astenersi da relazioni sentimentali con persone diverse, la lealtà è fondamentale nella comunione legale.

L’assistenza, intesa in senso materiale e morale, corrisponde all’aiuto che ciascun coniuge deve prestare per i bisogni affettivi ed economici dell’altro.

L’obbligo di coabitazione, invece, va considerato non semplicemente quale obbligo di vivere sotto lo stesso tetto, ma di attuare una convivenza reale tra marito e moglie, soprattutto a livello affettivo e, se non si va d’accordo non ci si può allontanare dalle mura domestiche senza incorrere in conseguenze.

Non a caso, il diritto di assistenza morale e materiale è sospeso nei confronti del coniuge che allontanatosi dalla casa familiare, senza giusta causa, rifiuti di tornarvi, sempre che non sia stata proposta domanda di separazione, annullamento o divorzio.

Da ultimo, il dovere di collaborazione impone ai coniugi di adoperarsi, nei limiti delle capacità e della personalità di ognuno, per soddisfare le esigenze reciproche e quelle dei propri figli. Questi hanno diritto di crescere in famiglia, di essere istruiti, educati e curati.

Violazione dei doveri coniugali. Avvocato per Adulterio

I doveri coniugali costituiscono obblighi giuridici per la violazione dei quali sono previste sanzioni differenziate in base alla violazione concreta.  

Come comportarsi se si è scoperto un tradimento?

È utile sottolineare che la rilevanza penale della fedeltà è ormai venuta meno con la dichiarazione di illegittimità costituzionale dei reati di adulterio e concubinato.

Inoltre, il dovere di fedeltà sussiste solo tra coppie sposate, non anche tra conviventi o partner nelle unioni civili, sicché si riduce la sua portata.

Sicuramente, il coniuge tradito ha in primo luogo la possibilità di chiedere la separazione e il successivo divorzio, ma l’adulterio di per sé non è causa di addebito qualora si faccia domanda per la separazione.

Esso, infatti, per essere tale deve comportare in maniera cosciente e volontaria la rottura dell’armonia familiare, va provato in maniera inequivoca senza presunzioni, avendo riguardo anche al comportamento dell’altro coniuge, e deve essere grave, in modo che l’addebito più che essere previsto per il tradimento fisico sia determinato dal discredito sociale per l’altro coniuge.

In tal modo, sembrerebbe possibile agire in un giudizio separato anche per un eventuale lesione della dignità personale.

Trattandosi di argomento delicato che incide profondamente sull’intimità e riservatezza personale, la scelta più saggia sarebbe quella di rivolgersi ad un avvocato specialista per un colloquio. È importante prima di tutto creare un rapporto fiduciario tra assistito e avvocato.

Diritto della moglie al cognome del marito

L’uso del cognome del marito costituisce per la moglie un diritto e non un obbligo. La moglie conserva questo diritto anche in caso di stato vedovile, e finché non passi a nuove nozze. Se, invece, dovesse esserci divorzio, questo diritto si perde, salvo autorizzazione del tribunale a mantenerlo quando vi sia un interesse meritevole di tutela per la moglie stessa o per i figli.

Chi sceglie la residenza familiare? Disaccordo dei coniugi

La fissazione della residenza deve necessariamente formare oggetto di accordo tra i coniugi. In assenza di una decisione comune, infatti, sia il marito che la moglie possono agire in giudizio autonomamente, determinandosi una violazione dei doveri familiari qualora emerga il totale rifiuto di raggiungere una decisione comune.

Qualora il disaccordo dei coniugi non venga superato si rende necessario l’intervento del giudice. Si tratta però di un intervento conciliativo che mira a raggiungere una soluzione concordata dopo aver ascoltato le opinioni di entrambi i coniugi. Solo se, dopo questo primo intervento, il contrasto dovesse permanere, l’intervento del giudice si trasformerà in autoritativo e terminerà con un provvedimento di volontaria giurisdizione vincolante per entrambi, e non impugnabile. Si esclude, però, che possa essere oggetto di esecuzione forzata.

Consulenza legale per regime patrimoniale 

Il rapporto coniugale comprende non solo doveri morali dei coniugi, ma anche e soprattutto vincoli di natura patrimoniale.

Quando si parla di regime patrimoniale della famiglia ci si riferisce al complesso di regole dettate dagli accordi tra i coniugi, o in mancanza dalla legge, che regolano la titolarità e l’amministrazione dei loro beni. Attualmente, il regime base che opera automaticamente dopo la conclusione del matrimonio è la comunione legale, in forza della quale gli acquisti dei coniugi, salvo alcune eccezioni, sono comuni ovvero di proprietà di entrambi, a prescindere da chi materialmente li effettua. Quindi, qualora si volesse optare per la separazione dei beni, sarà necessaria un’apposita convenzione dei coniugi.

Ciò significa che nella comunione ciascuno ha uguali poteri di gestione e uguali diritti sui beni.

Infatti, il singolo coniuge, che avrà diritto alla metà del “patrimonio coniugale” può amministrare da solo i beni, salvo che per gli atti di particolare rilievo, come la vendita di un immobile (cd. atti di straordinaria amministrazione) che necessitano del consenso di entrambi.

Ad esempio, il marito può da solo effettuare spese per conservare o riparare la casa comune, la moglie può da sola pagare le spese condominiali o provvedere al miglioramento di un bene comune.

Tuttavia, il coniuge potrà sempre agire da solo qualora l’altro rifiuti il proprio consenso riguardo un atto necessario nell’interesse della famiglia, oppure in caso di lontananza o impedimento, previa autorizzazione del giudice.

Quali beni cadono in comunione?

La prima domanda che sorge spontanea è capire quali beni entrano a far parte della comunione legale dopo il matrimonio. Seguendo l’indicazione normativa, l’art. 177 c.c. dispone che facciano parte della comunione immediata:

- gli acquisti effettuati dai coniugi insieme

- l’azienda coniugale, cioè l’azienda gestita da entrami i coniugi e costituita dopo il matrimonio

- mentre, se l’azienda è gestita da entrambi i coniugi ma è stata costituita solo da uno di essi prima del matrimonio, cadranno in comunione solo gli utili di questa attività.

Alcuni beni invece non rientrano subito nella comunione, ma vi cadranno solo, e nella misura in cui residueranno, al momento dello scioglimento di essa. Si tratta della comunione de residuo, la quale si riferisce:

- ai frutti di beni propri di ciascun coniuge, ad esempio l’affitto di una casa di proprietà esclusiva

- al saldo del conto corrente

- agli incrementi dell’impresa costituita prima del matrimonio.

I beni personali del singolo coniuge

Ci sono infine dei beni personali, che sono e restano di proprietà del singolo coniuge e cioè:

- i beni acquistati prima del matrimonio

- i beni ricevuti per successione o donazione, si pensi all’immobile che il coniuge ha ereditato dal proprio padre

- la pensione per la perdita della capacità lavorativa

- i beni che servono per l’esercizio della professione del coniuge,

ad esempio, l’immobile acquistato e adibito come studio legale per esercitare la professione di avvocato non cade in comunione. 

Tirando le fila del discorso, con la comunione legale ognuno dei due coniugi ha diritto al 50% dei beni, (esclusi quelli personali) mentre con la separazione vengono mantenute divise tutte le proprietà, anche dopo il matrimonio.

Scegliere il regime patrimoniale più adatto alle proprie esigenze è un’attività delicata. È necessario effettuare anche valutazioni economiche, non solo sentimentali, al fine di potersi tutelare ed è sempre consigliabile consultare un avvocato esperto in materia per chiarire dubbi e dinamiche interne.

Amministrazione dei beni: a chi spetta? Chiediamolo all’ Avvocato

Per rispondere a questa domanda bisogna fare una preliminare distinzione tra atti di ordinaria amministrazione e atti di straordinaria amministrazione. In parole semplici i primi includono atti di basso rilievo economico, per converso i secondi indicano atti di notevole importanza economica e che influiscono in modo determinante sul patrimonio della comunione legale. Dunque, la gestione ordinaria dei beni spetta disgiuntamente a ciascun coniuge. Ad esempio se c’è locazione di un bene che fa parte della comunione legale, il recesso dal contratto di locazione può essere esercitato anche da uno solo dei coniugi comproprietari dell’immobile.

Al contrario per gli atti di straordinaria amministrazione è necessario il consenso sia del marito che della moglie, tipico esempio è il contratto con cui si trasferiscono diritti reali di godimento, ma si ritiene che questo consenso possa essere espresso anche in momenti diversi.

In ogni caso, anche per questa seconda categoria di atti, se per ipotesi il coniuge stipula da solo un contratto, l’atto di per sé non è nullo, ma è esposto all’azione di annullamento da parte dell’altro coniuge, che potrebbe rivolgersi ad un avvocato civilista per far valere l’invalidità del negozio in giudizio.

Se sei nella stessa situazione e cerchi un professionista per tutelare le tue ragioni oppure per conoscere i costi di una consulenza legale e ottenere un preventivo, puoi contattare un avvocato gratis attraverso questo portale.

Rifiuto del consenso di un coniuge

Cosa succede se è necessario fare un atto di straordinaria amministrazione, ma uno dei coniugi non vuole dare il consenso? In questi casi l’altro coniuge può rivolgersi al giudice per ottenere l’autorizzazione a compiere quel determinato atto, dimostrando però che sia essenziale nell’interesse della famiglia o dell’azienda. Poco rileva quale sia il motivo del rifiuto al consenso, ma è importante che vi sia un interesse per la famiglia o per l’azienda che fa parte della comunione legale.

Inoltre, se un coniuge ha male amministrato i beni, l’altro può anche chiedere al giudice di escluderlo totalmente dall’amministrazione. È di tutta evidenza la flessibilità della materia e i casi prospettabili sono infiniti, proprio per questo necessitano di essere analizzati, con l’aiuto di un professionista legale, volta per volta in considerazione degli interessi in gioco e delle esigenze da tutelare.

Separazione dei beni dall’ Avvocato civilista

L’alternativa al regime patrimoniale di comunione dei beni è la separazione dei beni, vuol dire che ciascun coniuge è titolare esclusivo degli acquisti che compie e ha una completa autonomia nella gestione dei beni propri. Oggi però questo regime deve essere scelto dai coniugi, perché come è risaputo, in assenza di una scelta opera il meccanismo della comunione legale. Quindi, la separazione si realizza o per espressa convenzione dei coniugi oppure in alcuni casi ex lege, significa che è la stessa legge a prevederla.

Classico esempio è la separazione dei coniugi, consensuale o giudiziale, oppure il fallimento. Questa scelta può essere effettuata anche dopo il matrimonio, ossia dopo che si è già instaurata la comunione legale e garantisce una piena libertà economica.

Ad esempio, se dopo il matrimonio il marito acquista un appartamento, questo sarà di sua esclusiva proprietà, diversamente in caso di comunione dei beni l’appartamento cadrà nella comunione legale e la proprietà sarà pari al 50% per ciascun coniuge, quindi anche per la moglie, anche se l’acquisto è stato fatto materialmente da uno solo.

Da un punto di vista formale è previsto il rigoroso rispetto della forma dell’atto pubblico, con la presenza di due testimoni.

Ad ogni modo, è sempre buona norma avere una consulenza legale ed esporre le tue esigenze in materia di rapporti coniugali, in cui si intrecciano interessi economici a valori affettivi, e che hanno delle problematiche specifiche e diverse da caso a caso.

CONTATTA GRATIS L'AVVOCATO SPECIALIZZATO IN QUESTA MATERIA

Potrebbe interessarti:

Le informazioni riportate in questo articolo sono a carattere generico e non possono essere considerate documenti ufficiali, così come non possono in alcun modo sostituire il parere di un professionista. Per gli stessi motivi Easy Web Project Srl non risponde in alcun modo della correttezza di quanto riportato, così come dell’aggiornamento dei contenuti, in quanto argomenti suscettibili di modifiche nel tempo. EWP invita pertanto gli utenti a consultare direttamente un avvocato per avere informazioni aggiornate, certe e conformi al proprio caso specifico.

richiesta all'avvocato