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Trasferimento sede di lavoro – Consulenza legale


Trasferimento sede di lavoro: avvocato

La sede di lavoro in cui il lavoratore deve svolgere le sue mansioni deve essere indicata nella lettera di assunzione o comunque nel contratto di lavoro. In alcune ipotesi, però, è possibile che sia disposta una modifica della sede, cioè il lavoratore dovrà continuare lo svolgimento del rapporto di lavoro in un luogo diverso da quello originariamente assegnato.

La comunicazione del trasferimento deve essere effettuata mediante lettera raccomandata o Pec, e all’interno della stessa l’azienda privata o anche la Pubblica Amministrazione, a seconda che si lavori nel pubblico o nel privato, dovrà aver cura di indicare:

- la nuova sede

- la data di inizio

- e soprattutto le ragioni che hanno reso necessario il trasferimento.

Attenzione a non confondere il trasferimento di sede con la trasferta, perché solo il primo indica uno spostamento stabile per il lavoratore, mentre la trasferta è uno spostamento temporaneo, in genere disposto quando il datore di lavoro ha necessità di compiere alcune attività in un luogo diverso dalla sede lavorativa.

Quando è legittimo il trasferimento

Il trasferimento della sede di lavoro non può essere disposto a piacimento del datore di lavoro, anche perché potrebbe comportare delle difficoltà per il dipendente, ad esempio se è troppo distante dal suo domicilio, se non è raggiungibile con mezzi pubblici ecc.

Non a caso, la legge e precisamente l’art 2103 del codice civile afferma che:

“Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.”

Ciò significa che l’azienda, affinché il trasferimento sia legittimo, deve dimostrare la una necessità attuale della presenza di quel lavoratore presso una sede differente, magari per la propria professionalità nel settore, e al contempo anche l’attuale inutilità dello stesso presso la sede assegnata in origine.

L’azienda, quindi deve rendere trasparenti le motivazioni del trasferimento ed evitare che esso si traduca in un atteggiamento discriminatorio verso il dipendente.

Quanto preavviso per il trasferimento

Il trasferimento deve essere comunicato al lavoratore dipendente mediante una lettera raccomandata con ricevuta A/R, oppure a mezzo Pec con un congruo periodo di anticipo rispetto alla data di esecutività della stessa.

Non c’è un termine preciso da rispettare, quindi da un lato sarebbe opportuno guardare il CCNL di riferimento e dall’altro chiedere un parere legale all’avvocato specializzato in diritto del lavoro. A volte infatti possono esserci anche motivazioni personali del lavoratore che richiedono un tempo maggiore o minore.

Certamente il dipendente non potrà avere notizia del cambio sede il giorno prima.

Avvocato: come opporsi al trasferimento?

Qualora il lavoratore decida di opporsi al trasferimento di sede, deve prima di tutto affidarsi subito ad un avvocato esperto in diritto del lavoro il quale valutata la legittimità o meno della decisione aziendale provvederà a guidare nel migliore dei modi il proprio cliente.

In primo luogo, il lavoratore entro 60 giorni dalla ricezione della lettera di trasferimento sede dovrà comunicare all’azienda la sua opposizione al provvedimento, sempre con una lettera raccomandata A/R in cui si contesta la legittimità del trasferimento chiedendone l’annullamento per rimanere nella precedente sede di lavoro.

In secondo luogo, entro 180 giorni dalla spedizione della lettera di contestazione da parte del lavoratore, l’avvocato incaricato dovrà preparare un ricorso e depositarlo presso la Cancelleria del Tribunale competente, cioè presso il Giudice del Lavoro.

In questo momento la controversia entra a tutti gli effetti in fase giudiziale, e quindi in base alle prove fornite dall’avvocato nonché alla sua difesa, il giudice deciderà:

- la legittimità del trasferimento e quindi il lavoratore dovrà recarsi presso la nuova sede;

- la illegittimità del trasferimento e quindi l’annullamento dello stesso con ripristino della sede precedente.

Posso chiedere il risarcimento dei danni?

Qualora il giudice decida la illegittimità del trasferimento sede, il lavoratore che ha subito dei pregiudizi può chiedere il risarcimento dei danni, ma occorrerà dimostrare che tali danni siano dipesi proprio da quel provvedimento.

La quantificazione economica del risarcimento è fatta dal giudice, ma comunque l’avvocato può già chiedere una somma che potrà essere accordata o meno dal giudice.

Cosa succede se il lavoratore non accetta il trasferimento

Se il trasferimento è stato dichiarato legittimo da parte del giudice, il lavoratore non può opporsi, ciò vuol dire che se poi si rifiuta di svolgere la propria attività lavorativa, il datore potrà licenziarlo.

In questo caso, infatti, è possibile disporre un licenziamento per giustificati motivi soggettivi, naturalmente nel rispetto della normativa vigente.

Oltre a ciò, è bene sottolineare che durante la pendenza della decisione del giudice, il lavoratore deve sempre continuare a prestare la propria attività.

Trasferimento come sanzione disciplinare

Il trasferimento di sede può essere disposto come sanzione disciplinare solo se previsto nel CCNL di riferimento. In realtà, lo Statuto dei lavoratori vieta questa pratica, ma la Corte di Cassazione in più occasioni ha affermato la legittimità di tale trasferimento.

Altra ipotesi di trasferimento sede legittimo è quello di “incompatibilità ambientale”, ossia la situazione in cui nell’area di lavoro i dipendenti si trovino in forte disaccordo tanto da pregiudicare la produttività aziendale.

In entrambi i casi, i provvedimenti di trasferimento sede vanno valutati in concreto, quindi sotto l’occhio attento di un avvocato esperto che con un po’ di fortuna e sensibilità verso le condizioni del lavoratore dipendente trasferito sia anche un avvocato economico.

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