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Promozione lavorativa negata – Consulenza legale


Promozione lavorativa negata: avvocato

In tutti gli ambiti lavorativi si innesca una concorrenza, a volte sana, altre volte no, tra lavoratori dipendenti al fine di ottenere una promozione lavorativa.

Si pensi ad esempio all’ipotesi in cui il datore di lavoro prometta una promozione al dipendente che realizzerà meglio di tutti un progetto importante per l’azienda, o, nel caso di un grosso studio legale, all’avvocato che riuscirà a vincere una causa, o ancora alla circostanza in cui la promozione spetti per anzianità.

Il linea di massima, la concessione di una promozione rientra nella discrezionalità del datore di lavoro in quanto è lui a poter scegliere liberamente chi e in base a quali condizioni, far salire nella scala gerarchica delle posizioni lavorative. È chiaro che così facendo i lavoratori sono incentivati a migliorare sempre più.

Quando un lavoratore è fermo alla stessa posizione per molti anni viene lecito chiedersi perché non sia stato promosso. Le risposte possono essere molteplici, ovvero: per mancate competenze, per mobbing, o, per il caso che ci interessa di più, per mala fede del datore che gli ha negato un avanzo di carriera.

Attenzione, in queste ipotesi è doveroso rivolgersi ad un buon avvocato per difendere i propri diritti di lavoratore, far valere le proprie ragioni ed eventualmente ottenere la promozione spettante, oltre che un risarcimento dei danni, vediamo come.

Quando la mancata promozione è illegittima

Il datore di lavoro ha il dovere di comportarsi secondo buona fede nei confronti di tutti i dipendenti nel momento in cui decide di selezionare chi tra essi sarà premiato.

Non di rado accade che la procedura di selezione non sia molto limpida perché non segue gli stessi step per tutti, come ad esempio nel caso in cui un lavoratore assunto da 10 anni ancora non ha ottenuto alcuna promozione, mentre un lavoratore assunto da soli 2 anni ha già avuto un avanzo di carriera.

Certamente, nessuno può mettere in dubbio le competenze personali che possono essere differenti tra i singoli dipendenti, ma è anche vero che l’azienda deve tener conto di equilibri interni e progressivi.

Altra ipotesi è quella del datore che promette una promozione a seguito della conclusione di un progetto senza poi mantenere la parola, con l’evidente scopo di motivare il lavoratore a fare del suo meglio e a “sfruttare” al massimo le sue attitudini.

Un altro caso in cui si configura un danno per mancata promozione è quello del mobbing inteso come comportamento persecutorio nei confronti del dipendente volto a ledere la sua persona e la sua dignità mediante comportamenti ostili.

Danno da mancata promozione

In cosa consiste concretamente il danno da mancata promozione?

Il lavoratore che non viene promosso perde una chance sia in termini di qualifica sia in termini economici, nel primo senso perché non aumenta il suo grado, nel secondo perché la retribuzione è collegata alla qualifica, ad esempio junior, senior, Quadro ecc., quindi se si resta fermi in una posizione lavorativa anche la paga resta invariata.

Un modo per quantificare il danno consiste nel prendere come riferimento la differenza di retribuzione tra la paga attualmente spettante e quella che sarebbe spettata dopo la promozione. In verità occorre tener conto anche della probabilità in termini percentuali della promozione, un conto è se questa viene messa per iscritto dal datore e poi non adempiuta, e un conto è se si è parlato in maniera vaga di un avanzo di carriera.

Per questi motivi si consiglia sempre di avere prima una consulenza legale con un avvocato e valutare se sussistano o meno i presupposti, anche in termini di convenienza, per agire in Tribunale.

Cosa deve fare il lavoratore se la promozione è negata

Prima di tutto occorre dimostrare l’illegittimità della mancata promozione e cioè il danno arrecato al dipendente.

Rivolgendosi il prima possibile ad un buon avvocato sarà più semplice dimostrare il nesso di causalità tra il comportamento del datore e lo specifico danno causato al lavoratore, cioè bisogna dimostrare che proprio per colpa del datore il dipendente ha subito un pregiudizio. Se non fosse così, invece, non sarebbe possibile fare causa al capo.

L’avvocato, quindi, dovrà provare al giudice che il lavoratore non è riuscito a progredire per colpa del datore che si è comportato con mala fede nell’assegnazione della promozione. A tal fine sarà opportuno sottoporre al giudice elementi che attestino la diligenza, la trasparenza e l’impegno del dipendente, ad esempio:

- progetti andati a buon fine

- rapporti con i clienti

- affari conclusi per conto dell’azienda

- costante fiducia e disponibilità del lavoratore verso il capo ecc.

Avvocato: come chiedere il risarcimento dei danni

La richiesta di risarcimento dei danni per mancata promozione lavorativa deve essere presentata in forma scritta al Tribunale del lavoro competente territorialmente.

Nella richiesta dovranno essere brevemente descritti i fatti, le ragioni per cui il lavoratore ritiene di aver subito un danno e la somma che si richiede al datore a titolo di risarcimento.

Il giudice, poi, sulla base delle prove fornite dall’avvocato e in seguito all’ascoltazione di testimoni, formulerà la propria decisione circa l’accoglimento o il rigetto della domanda di risarcimento e anche relativamente all’importo chiesto.

Promozione per anzianità

In realtà la promozione per anzianità non è una vera promozione lavorativa, ma presuppone solo uno scatto verso l’alto nella retribuzione del lavoratore.

In altri termini, c’è un aumento della paga fissa percepita dal dipendente in forza dell’anzianità di servizio prestato presso lo stesso lavoratore.

È quindi un miglioramento automatico.  

Quanto costa fare causa al datore di lavoro

Il costo di una causa contro il datore di lavoro dipende dalla gravità del fatto contestato. Ad ogni modo, va chiarito che l’avvocato dovrà essere pagato dal proprio cliente, salva la possibilità del gratuito patrocinio.

Inoltre, resta fermo il principio secondo cui la parte che perde dovrà rimborsare all’altra le spese processuali sostenute, ad esempio il contributo unico, i costi di notifica ecc.

Per avere consapevolezza dei costi da sopportare, è opportuno chiedere in primis un preventivo e poi decidere il da farsi, ma in ogni caso è sempre possibile orientare la propria scelta verso un avvocato economico che al contempo sia specializzato in diritto del lavoro.

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