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Eutanasia: scontri legali


L’ eutanasia è legale in Italia?

Quando oggi si parla di eutanasia bisogna del tutto eliminare il concetto di eutanasia collettivistica, ovvero quella tesa ad eliminare un gruppo di individui per il miglioramento della razza e volta a destinare le risorse della società solo a chi è sano ed utile.

Questo tipo di eutanasia, che fa rabbrividire, è schiettamente inammissibile.

Le discussioni legislative in Parlamento ruotano, infatti, intorno al concetto di eutanasia individualistica, cioè tutte quelle pratiche terapeutiche, attive o passive, che interrompono la vita del paziente, a seguito del suo consenso, qualora le sue condizioni di vita siano ormai ad uno stadio finale.

È un argomento estremamente delicato che oggi non trova unità di pensiero, e che va trattato con prudenza, considerando in primis il lato umano piuttosto che soltanto quello legale.

Cosa dice la legge italiana sull’eutanasia

Attualmente in Italia, l’eutanasia attiva, ovvero la somministrazione di farmaci per cagionare la morte è reato ed è punita come omicidio del consenziente oppure come reato di istigazione o aiuto al suicidio.

Al contrario, l’eutanasia passiva, intesa come sospensione delle cure è considerata un diritto inviolabile del paziente e in quanto tale legale.

Si tratta comunque di un argomento ancora molto discusso nelle aule del Parlamento e ad oggi non c’è ancora una legge che ne preveda una specifica normativa. La proposta di legge sull’eutanasia è infatti ferma al Senato.

Eutanasia attiva e passiva

L’eutanasia si differenzia in due forme, attiva e passiva.

La prima prevede la somministrazione di farmaci specifici per interrompere la vita del paziente e tale forma è da considerare illecita sia che abbia carattere consensuale sia che abbia carattere non consensuale, perché il bene giuridico tutelato è la vita del paziente.

La seconda si ha quando il medico si limita a sospendere le cure o a spegnere le macchine che tengono in vita il paziente. Questa seconda ipotesi di eutanasia è lecita solo se in precedenza è stato mostrato il consenso chiaro e non equivoco del paziente, altrimenti in assenza di consenso permane in capo al medico un obbligo giuridico e morale di curare il paziente finché possibile.

Dove l’eutanasia è legale?

In Europa l’eutanasia attiva è legale in non molti Paesi. Sono stati i Paesi Bassi i primi a legalizzare l’eutanasia diretta e il suicidio assistito, approvando una legge nel 2002, ma la prima in assoluto fu l’Olanda.

Successivamente, l’Olanda fu seguita dal Belgio che nel 2003 ha legalizzato l'eutanasia e nel 2016 l'ha estesa ai minori. Il Lussemburgo ha approvato la legge che legalizza l'eutanasia nel 2009, qualificandosi al terzo posto tra i paesi dell'Unione europea a depenalizzarla.

La Spagna è stato il quarto Paese europeo e il settimo al mondo a depenalizzare l’eutanasia attiva, approvando una legge nel marzo del 2021. Quanto alla Spagna Eutanasia passiva e suicidio assistito sono stati depenalizzati fin dal 1995.

In Portogallo, invece, sono vietate sia l'eutanasia passiva sia quella attiva, ma è consentito a determinate condizioni l’interruzione di trattamenti terapeutici troppo pesanti per il paziente, ma comunque con l'esclusione di idratazione e alimentazione.

Infine, in Danimarca e Norvegia ogni forma di eutanasia è illegale. L’ordinamento giuridico della Finlandia prevede, in alcuni casi, l’eutanasia passiva, mentre in Svezia l'eutanasia attiva è proibita, ma viene tollerato il suicidio assistito.

Posso scegliere l’eutanasia nel mio testamento?

Un altro punto molto delicato in relazione all’eutanasia riguarda la questione di inserire una tale previsione nel proprio testamento biologico o nelle cd. Disposizioni anticipate di trattamento (DAT), ovvero la possibilità che ogni cittadino di decidere in merito alle terapie e ai trattamenti sanitari che intende o no ricevere in futuro, nel caso in cui non sia più in grado di prendere decisioni per sé, ad esempio per una sopravvenuta incapacità.

In linea di massima il medico è tenuto al rispetto di quanto previsto nel testamento biologico, salvo palesi incongruenze oppure salva l’ipotesi in cui le condizioni fisiche del paziente non corrispondano a ciò che è previsto nelle DAT.

In caso di conflitto non superabile tra quanto espresso nel testamento e la realtà di fatto, la decisione è rimessa al giudizio del Giudice tutelare competente.

Eutanasia e accanimento terapeutico

L'accanimento terapeutico consiste nell'ostinazione all'impartire trattamenti sanitari che risultano sproporzionati in relazione all'obiettivo terapeutico, nel tentativo di prolungare la vita del paziente ad ogni costo, anche quando i benefici apportati sono di gran lunga superati dalle sofferenze subite.

L’eutanasia, invece, come più volte ribadito comporta la sospensione delle cure ordinarie necessarie a un accompagnamento dignitoso del morente.

A conti fatti, in verità nessuna delle due pratiche è pienamente condivisibile, la prima perché strema il paziente al di là di ogni possibile miglioramento, la seconda perché mette fine alla sua vita.

Responsabilità del medico

La grande novità sul tema dell’eutanasia in Italia si è avuta con un’importante sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato non punibile il medico che esercita eutanasia passiva sotto chiaro e non equivoco consenso del paziente a togliersi la vita.

Il medico, però, non è obbligato a procedere ad atti interruttivi della vita ed in questo è confortato dalla clausola di obiezione di coscienza, che è stata ribadita anche nell’ analisi del Codice Deontologico fornito dalla FNOMCEO.

Occorre fare attenzione, in quanto il medico resta punibile in Italia per l’eutanasia attiva ovvero per la somministrazione di farmaci volti a determinare la morte del paziente, anche se questi ne faccia esplicita richiesta. L’eutanasia non è legale in Italia, ed è assimilabile ad un omicidio volontario con applicazione di attenuanti.

Se, infatti, si riesce a dimostrare il consenso del paziente, ad esempio mediante un documento scritto, la condotta del medico implica il reato di omicidio del consenziente con applicazione delle pene previste dall’articolo 579 del codice penale le quali prevedono comunque la reclusione da 6 a 15 anni.

Cosa pensa la Chiesa cattolica dell’eutanasia

Probabilmente anche la componente religiosa influenza, seppur intrinsecamente, la dimensione giuridica nel nostro Paese. Il cattolicesimo è la religione prevalente in Italia e dunque da sempre è presente anche nelle scelte legislative, politiche e sociali.

Si pensi, alle Unioni civili, alla lotta per l’aborto e anche alle discussioni che ruotano intorno agli argomenti sostenitori dell’eutanasia.

È chiaro che la Chiesa cattolica è schierata nettamente contro l’eutanasia, considerata una pratica analoga al suicidio o all’omicidio.  Così si riassume il pensiero del Cattolicesimo:

«Non è mai lecito uccidere un altro: anche se lui lo volesse, anzi se lo chiedesse perché, sospeso tra la vita e la morte, supplica di essere aiutato a liberare l'anima che lotta contro i legami del corpo e desidera distaccarsene; non è lecito neppure quando il malato non fosse più in grado di vivere».

Avvocato penale per responsabilità medico

Il mestiere del medico è forse tra i più difficili in assoluto perché impone un connubio tra responsabilità morale e lucidità nella scelta delle terapie più utili per la malattia del paziente.

Quando un medico si trova di fronte ad una richiesta di eutanasia, per quanto sia importante l’aspetto umano, deve anche conoscere le conseguenze legali delle sue condotte. Scegliere di assecondare o no il paziente non è espressione di libera discrezionalità, in primis perché in Italia l’eutanasia attiva non è legale e il medico che la pratica rischia di essere condannato per omicidio volontario.

È per questo quindi, che si consiglia di rivolgersi il prima possibile ad un avvocato penalista esperto in cause attinenti all’eutanasia e che possa fornire una consulenza legale ad hoc.

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