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Locazione ad uso abitativa e ad uso commerciale


Può essere aumentato l’affitto?

La legge italiana prevede sia la locazione ad uso abitativo sia quella ad uso commerciale. La prima è regolata dalla legge n. 431 del 1998, che indica due modalità di pattuizione del contratto di affitto e cioè quella a canone libero e quella a canone concordato, la seconda dalla legge n. 392 del 1978.

Quanto alla locazione ad uso abitativo, la legge ha stabilito il divieto per il proprietario di aumentare il canone di affitto già pattuito tra le parti al momento della firma del contratto. Quindi il prezzo dovrà rimanere invariato per tutta la durata del rapporto.

Stessa conclusione per la locazione a fini commerciali, poiché la legge esclude radicalmente la possibilità di aumentare l’importo dell’affitto durante la decorrenza del contratto.

A queste regole ci sono però delle eccezioni, vediamo quali sono.

Quando il proprietario può aumentare il canone

Di regola, il proprietario di casa fino alla scadenza del contratto di affitto non può aumentare il canone, di conseguenza ogni eventuale variazione anche registrata all’Agenzia delle Entrate è nulla.

Quindi, l’inquilino può tranquillamente continuare a pagare il prezzo che ha sempre pagato anche se dovesse ricevere una notifica da parte del proprietario che il canone è aumentato.

Le uniche ipotesi in cui il proprietario può legittimamente aumentare l’affitto sono dovute

1. alla variazione degli indici Istat

2. al rinnovo del contratto, a seguito della scadenza del precedente, oppure alla stipula di uno nuovo.

In casi diversi da questi, se il proprietario pretende un canone più alto l’inquilino può opporsi autonomamente o con la difesa di un avvocato se la situazione persiste e non tener conto neppure di una eventuale lettera di diffida speditagli dal proprietario.

Aumento del canone alla scadenza del contratto

Una delle ipotesi di possibile aumento del canone di affitto è quella del rinnovo del contratto, ma occorre precisare tra:

1. Proroga del vecchio contratto

2. stipula di un nuovo contratto, del tutto autonomo dal precedente.

Nel primo caso, il proprietario può aumentare l’affitto solo al secondo rinnovo, essendo il primo automatico e obbligatorio e quindi non sarebbe possibile prevedere un prezzo più alto.

Il proprietario può utilizzare lo strumento della cedolare secca con aliquota al 10% o al 21%, inviando però una preventiva comunicazione all’inquilino, magari mediante posta raccomandata con ricevuta A/R.

Nel secondo caso, invece, accade che il vecchio contratto viene risolto e le parti stipulano un nuovo contratto di affitto prevedendo un canone di affitto più alto e questo è del tutto lecito se c’è il consenso di proprietario e inquilino.

Quando è obbligatorio l’aggiornamento Istat?

È bene ricordare che l’adeguamento agli indici Istat non è obbligatorio, infatti spetta al proprietario richiederlo o meno. Ciò vuol dire che se non è stato richiesto subito, poi non potranno essere pretesi gli arretrati dall’inquilino.

È inoltre, necessario che la clausola che prevede la variazione del canone di affitto durante la durata del rapporto locatizio sia contenuta nel contratto di affitto originariamente stipulato.

Infine, va segnalato che mentre nella locazione ad uso abitativo l’adeguamento agli indici Istat può essere automatico, nelle locazioni ad uso commerciale ciò non è mai possibile e quindi anche una clausola di automatismo inserita nel contratto è da considerarsi nulla.

Qual è l’importo massimo dell’aumento

Per quanto riguarda l’aumento dovuto dall’adeguamento agli indici Istat, va precisato che per le locazioni ad uso commerciale la maggiorazione del prezzo dovrà essere pari o inferiore al 75% dell’indice Istat, mentre per la locazione ad uso abitativo l’aumento potrebbe essere anche del 100%.

Cos’è l’aumento con il canone a scaletta?

Il canone a scaletta, previsto nella locazione ad uso commerciale, prevede un iniziale esborso minimo di canoni per favorire l’inizio dell’attività economica e poi un aumento progressivo e cadenzato nel tempo del prezzo di affitto.

Questa peculiarità deve essere espressamente contenuta nel contratto di affitto con una clausola ad hoc fin dall’origine, senza possibilità di essere aggiunta successivamente. Inoltre, per essere legittimo non deve avere come fine l’aggiramento della svalutazione monetaria.

Date le conseguenze economiche del canone a scaletta, prima di firmare un contratto di affitto si consiglia di chiedere un parere legale ad un avvocato specializzato in locazioni e analizzare punto per punto la pattuizioni raggiunte al fine di evitare raggiri e fregature.

Avvocato per tutela dell’inquilino

Le liti tra proprietario e inquilino sono frequentissime, soprattutto in città dove i contratti di affitto di appartamenti ad uso abitativo o di immobili con destinazione commerciale sono tantissimi, nonostante molti siano contratti a nero cioè senza registrazione presso la competente Agenzia delle Entrate.

I principali dissapori riguardano o il pagamento delle spese di manutenzione dell’immobile o l’aumento del canone di affitto. In questo ultimo caso, come ampiamente trattato nel presente articolo ci sono delle rigide condizioni da rispettare e di regola il proprietario non può aumentare a suo piacimento il mensile di affitto.

Quindi, tutte le volte in cui l’inquilino si veda minacciato di sfratto a fronte del mancato pagamento del canone più alto, è bene sapere che ci si può rivolgere ad un avvocato per tutelare le proprie ragioni e contrastare gli abusi del proprietario, chiedendo al medesimo, se del caso, anche un risarcimento del danno (ad esempio per aver perso tempo nel cercare altre case, per aver già pagato in buona fede il canone più alto ecc.)

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