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Come recuperare il TFR con l'aiuto dell'avvocato


Avvocato: come recuperare il Tfr?

Stai cercando l'avvocato in materia di diritto del lavoro perché sei stato licenziato e non ti è stato corrisposto il trattamento di fine rapporto? L'articolo 2120 del Codice Civile prevede che l'azienda versi il TFR maturato ai lavoratori a fine rapporto. Tuttavia, se l'azienda sta fallendo o è in crisi, non sempre si troverà nella condizione di rispettare questo onere pagando gli ex dipendenti senza batter ciglio o prendere tempo.

E allora: quando è opportuno rivolgersi ad un avvocato per il recupero del TFR spettante e che cosa farà nello specifico?

Tfr non pagato: quali azioni intraprendere

Solitamente il lavoratore che non riceve il pagamento del TFR nell'ordine interviene con:

1. una diffida,

2. un decreto ingiuntivo e

3. un pignoramento.

Ma se i cespiti sono insufficienti a soddisfare questa richiesta? A tutela dei lavoratori di un'azienda fallita, per il recupero del Tfr ma anche delle ultime tre mensilità di stipendio, ci sono due norme: la legge n.297 del 1982 e la legge numero 80 del 1992.

La prima ha istituito il Fondo di garanzia Inps a cui attingere; la seconda legge, invece, ha avuto appunto il merito di prevedere una casistica più ampia di accesso al fondo. Dal 1992, quindi, ci si può attingere non solo per il recupero del trattamento di fine rapporto ma anche delle ultime tre mensilità di stipendio arretrato. La procedura cambia a seconda che il datore di lavoro sia sottoposto a procedura fallimentare oppure no. Per tutelare i propri diritti, e in primis per conoscerli quindi, potrebbe essere utile rivolgersi ad uno studio legale specializzato in cause in ambito lavorativo.

A chi spetta il TFR?

Hanno diritto al TFR tutti i lavoratori a cui è cessato il rapporto di lavoro, inclusi apprendisti o soci di cooperative. E nel caso di morte del beneficiario il diritto a percepire tali somme passa agli eredi, quindi non si perde.

La domanda per ottenere il TFR va presentata entro 5 anni dalla chiusura della procedura concorsuale altrimenti cade in prescrizione e non sarà più possibile fare richiesta.

Entro quanto tempo il datore di lavoro deve pagare il TFR

È questa forse la domanda che più accomuna tutti i lavoratori, ma purtroppo non c’è una risposta secca. I contratti collettivi nazionali di lavoro prevedono tempi abbastanza brevi per l’erogazione del TFR da parte del datore di lavoro e in genere i tempi a sua disposizione variano dai 30 ai 45 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Ciò significa che se il datore di lavoro non dovesse rispettare tali termini oltre alle somme dovute a titolo di TFR dovrà versare anche interessi legali commisurati al ritardo effettivo.

Allo stesso tempo il lavoratore, allo scadere dei suddetti termini potrà agire in prima battuta con dei solleciti formali, anche mediante una lettera di diffida legale scritta dal proprio avvocato di fiducia. Quest’ultima è infatti uno strumento molto utile sia per intimare il datore di lavoro ad effettuare il pagamento del TFR sia per interrompere il termine di prescrizione del proprio credito, ovvero 5 anni.

Come deve essere corrisposto il TFR

Il pagamento del TFR deve avvenire in un’unica soluzione, e ciò vuol dire che nell’eventualità in cui il datore di lavoro dovesse trovarsi in difficoltà economica non sarebbe comunque lecito dilazionare il pagamento delle somme in più rate.

Il TFR inoltre va pagato con l’ultima busta paga del lavoratore.

In caso di dimissioni spetta il TFR?

Nonostante qualche dubbio sul punto, la risposta è Sì.

Anche nell’ipotesi in cui il lavoratore scegliesse liberamente di mettere fine al proprio rapporto di lavoro comunicando le proprie dimissioni, conserverà il diritto di richiedere il TFR.

Il versamento del TFR deve avvenire all’atto stesso della formalizzazione delle dimissioni, così come previsto dalle normative in tema di rapporti di lavoro. Neppure in questo caso, il datore di lavoro può giustificare un ritardo o un pagamento dilazionato del trattamento di fine rapporto.

Quando l’INPS paga il TFR al posto del datore di lavoro

Lo Stato tende sempre a tutelare i diritti del lavoratore e in caso di fallimento o di liquidazione dell’azienda è previsto un Fondo di Garanzia presso l’INPS che assicura ai lavoratori il pagamento del TRF e delle ultime 3 mensilità eventualmente non pagate.

L’intervento del Fondo di garanzia può essere richiesto dai lavoratori dipendenti, dagli apprendisti, dai dirigenti di aziende industriali e dai soci delle cooperative di lavoro.

È chiaro che per beneficiare di tale garanzia il dipendente dovrà presentare apposita richiesta presso la sede dell’INP territorialmente competente, dimostrare l’esistenza del suo credito e quindi la mancata corresponsione delle somme dovute a titolo di TFR dal datore di lavoro, nonché la cessazione del rapporto di lavoro causata da licenziamento, dimissioni o scadenza del termine se il contratto è a tempo determinato.

TFR e morte del lavoratore: cosa succede?

L'articolo 2122 del codice civile stabilisce che: “in caso di morte del dipendente, il datore di lavoro deve versare il TFR al coniuge, ai figli e, se conviventi ed a carico del lavoratore, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado”.

Ciò significa che il TFR è considerato a tutti gli effetti un credito del lavoratore e dunque questi ne può disporre anche per testamento ma solo se non ha coniuge, figli, parenti entro il terzo grado o affini entro il secondo. Si precisa infatti che prevale sempre l’indicazione normativa prevista dall’art. 2122 del codice civile.

Cosa fare per ottenere il TFR

Come già anticipato, la prima mossa che il lavoratore potrebbe porre in essere consiste nell’inviare una lettera di diffida legale alla propria azienda. Se con questo escamotage non si raggiunge alcun risultato è necessario agire in giudizio con una procedura abbastanza snella e richiedere al giudice competente l’emissione di un decreto ingiuntivo che obblighi il datore di lavoro al pagamento delle somme del TFR.

Dall’emissione del decreto ingiuntivo il datore di lavoro avrà a disposizione 40 giorni per versare il TFR.

In alcuni casi però, l’azienda potrebbe opporsi al decreto ingiuntivo con conseguente allungamento dei termini per ottenere le somme spettanti, in quanto vi sarà l’instaurazione di un giudizio a cognizione piena caratterizzato dall’osservanza di tutte le fasi processuali.

È per questo che risulta fondamentale affidarsi ad un buon avvocato che sia esperto in cause di lavoro e specializzato nella tutela dei lavoratori, considerati parte debole del rapporto lavorativo.

Quanto costa l’avvocato per una causa da lavoro

I costi per avviare una causa di lavoro comprendono oltre al compenso del proprio avvocato, che varia a seconda della difficoltà della controversia ed è liberamente definibile dal professionista, le tasse da versare e le spese processuali ad esempio notifica e deposito di atti.

Se il dipendente che ha bisogno di assistenza legale si trova in difficoltà economica può ricorrere al cosiddetto Gratuito Patrocinio che prevede il pagamento sia dell’avvocato che della causa totalmente a spese dello Stato. È necessario, ovviamente, rientrare in alcuni limiti di reddito da certificare con dichiarazione ISEE.

In alternativa il lavoratore potrebbe cercare un avvocato economico, facendo però attenzione alla preparazione del professionista e alle sue competenze in materia per essere certi di una consolidata esperienza nel campo della tutela del lavoratore.

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